Donata Lazzarini: L’ora del giorno

Secondo numero della collana la nostra musica, stampato su carta usomano avoriata nel mese di settembre 2021 in 60 copie (+ sei). Il volume consta di 16 pagine compresa la copertina, nel formato (chiuso) cm 13 x 19, con due immagine a colori fuori testo. All’interno due testi, L’ora del giorno, di Donata Lazzarini e Le case di Donata, di Carlo Fossati.

Questo piccolo libro doveva accompagnare una mostra di un solo giorno, che avrebbe dovuto avere luogo giovedì 25 settembre 2020. Ne provammo insieme l’allestimento, io e Donata, un giorno di luglio di quello stesso anno, nella casa di Elisabetta Chicco Vitzizzai in via Cavour 19 a Torino. C’era anche Pietro Vitzizzai, padrone di casa e marito di Elisabetta, che ci assistette con grande disponibilità e discrezione, rispondendo ad ogni nostra estemporanea richiesta. Dopo l’estate, ci rendemmo conto ben presto, Donata ed io, che la mostra avrebbe dovuto essere quantomeno rimandata a data indefinita, e dopo qualche mese dovemmo rassegnarci: era annullata, non si sarebbe mai fatta. Ma quel giorno di luglio la vedemmo, noi tre, ed eravamo contenti di come era venuta, e ansiosi di farla vedere ad altre persone, quando sarebbe venuto il momento, il 25 di settembre. Perciò qualche mese fa, prima dell’estate, ormai assolutamente certi dell’impossibilità di presentare la mostra che dà il titolo al librino, decidemmo di pubblicare comunque questo piccolo libro, che parla di una mostra che nessuno, a parte noi tre, potrà mai visitare1.

C. F., 6 ottobre 2021

ps: mi sono reso conto oggi per la prima volta, mentre scrivevo questa breve presentazione, che giovedì 25 settembre 2020 è un giorno che non c’è mai realmente stato; ho infatti scoperto, controllando il calendario del 2020, che la data cadeva bensì di venerdì, e il giorno prima, giovedì, ne avevamo 24.

“L’ora del giorno” è il nome che ho dato ad una serie di mostre dedicate a case che amo, tutte costruite tra gli anni ’20 e ’30. Sono molto diverse tra loro, alcune esprimono un avanzato modernismo, altre ai miei occhi sembrano anomalie temporali. I proprietari ideando questi spazi hanno pensato a questioni molto personali, e si sono profondamente identificati in queste case trasformandole in veri e propri casi architettonici. Questa allestita in via Cavour 19 a Torino è la prima della serie e, come in una ouverture, presenta anche testimonianze delle altre case che fanno parte del progetto.

da L’ora del giorno, di Donata Lazzarini, 2019-20

Donata Lazzarini, una veduta di Casa Chicco (fot.), 2020

Io non ho mai potuto conoscere personalmente Elisabetta, soltanto i racconti di Pietro e di Donata me l’hanno evocata. Ma la mia sensazione – che provai intensamente soprattutto in occasione della seconda visita, nel luglio scorso – è che la sua presenza in quella casa così particolare, a cui lei si sentì sempre fortemente legata (e dove volle chiudere gli occhi per sempre), grazie alla sensibilità, discrezione e delicatezza di Donata – con la preziosa disponibilità di Pietro – torni ora, per poche ore di un unico giorno, a rivivere con intensità e naturalezza. E credo che soprattutto i suoi amici di sempre, coloro che venivano a trovarla e si trattenevano a chiacchierare con lei, potrebbero confermare questa mia sensazione. Ciò che attesterebbe la bontà e la riuscita di questo progetto, da Donata lungamente pensato e preparato con dedizione, amore e rispetto per una persona che conosceva bene e da lungo tempo.

da Le case di Donata, di Carlo Fossati, 2020

Andare là

Primo numero della collana la nostra musica, stampato, su carta usomano avoriata e righettata, nel mese di luglio 2021 in 20 copie (+ quattro). Il volume consta di16 pagine – compresa la copertina – nel formato (chiuso) cm 13 x 19, con una immagine a colori fuori testo.

Nel mese di giugno 2020 venne pubblicata una prima edizione limitata (3 copie + una) di questo libro (v. QUI). La presente edizione viene presentata con un’impaginazione lievemente differente e alcune parti del testo sono state riviste e parzialmente modificate.

Oggi, domenica 28 settembre, nel pomeriggio sono andato, tornandoci per la prima volta dopo molto tempo, a M., o meglio, nella piccola valle che sta un po’ sotto il basso colle sul quale è poggiato il paese. Il tempo era discreto, per questo inizio di autunno freddino e quasi senza sole (un po’ deprimente) e allora mi son deciso, forzandomi anche un poco. Con stupore, e con immenso piacere, ho scoperto che il paesaggio non è cambiato quasi per niente.

(da Una passeggiata autunnale a M., 2008)

chi volesse ricevere una copia di questo libro scriva all’indirizzo presente in Contatti

Akio a Torino : hana

Questa pubblicazione, stampata nel mese di gennaio 2021 in 15 copie numerate, presenta l’installazione hana, di Akio Suzuki, realizzata nel 2006 all’interno della sua mostra personale per e/static, con la preziosa collaborazione di alcuni amici. Ufficialmente, il libro è stato pubblicato il 24 febbraio di quest’anno, nel giorno in cui cadeva l’80° compleanno di Akio Suzuki. E’ una pubblicazione curata da me, che feci anche tutte le fotografie, in quei giorni fra febbraio e marzo 2016. All’interno, oltre alla riproduzione di un disegno originale dello stesso Suzuki, realizzato all’epoca, un testo scritto da me, tradotto anche in inglese.
Il libro misura cm 16,2 x 23,2; le pagine sono 50, inclusa la copertina; 16 sono le illustrazioni a colori, più una in b/n.

2 marzo 2006 (R. A.)
10 marzo 2006 (R. D. M.)
11 marzo 2006 (J. W.)
16 marzo 2006 (C. F.)
Pubblicato in 2021

Things he would like /3

Lo scorso 21 gennaio ricorreva il 10° anniversario della scomparsa di Rolf Julius. Per ricordarlo, ho pubblicato 32 cartoline, ognuna con una diversa immagine, e a partire dalla fine del 2020 le ho spedite ad altrettante persone che lo conobbero ed ebbero con lui rapporti amichevoli e/o collaborativi. Tutte queste persone sono anche miei amici o conoscenti, che conobbi attraverso Julius, o che lo conobbero attraverso me, grazie soprattutto alle numerose iniziative realizzate con lui, fra il 2001 e il 2011 (v. e/static). Qui sotto una scelta di immagini, scattate fra il 2012 e il 2017, ogni volta che mi capitava di scorgere, ovunque mi trovassi) qualcosa che mi faceva subito pensare a lui, e che, sono convinto, gli sarebbe piaciuto. La maggior parte delle immagini che compongono Things he would like /3 sono state scattate a Torino, nei dintorni di casa mia, oppure proprio in casa, molte sul terrazzo che fu di blank, fino al dicembre 2018. Le altre immagini sono state scattate, qualcuna nei dintorni di Torino, altre nel Victoria (Australia), una a Bruxelles, qualcuna a Uusikaupunki (Finlandia), una a Hong Kong.

Tutte queste immagini sono istantanee, scatti fatti per fermare un momento particolarmente intenso, quanto fugace, quando mi capita di assistere a un certo fenomeno, in genere quasi inapparente, a malapena percettibile, che si manifesta all’improvviso. Contemporaneamente, o quasi, penso a lui, come se fosse accanto a me e me lo mostrasse, o come se fossi io a volerglielo mostrare, sicuro che gli piacerebbe. Altre volte mi capita di notare, dopo aver scattato la fotografia, a volte anche molto tempo dopo (è il caso dell’immagine del muschio con gli aghi di pino scattata nel 2015 in Val Pellice) che quell’immagine gli piacerebbe, che ha qualcosa di incontestabilmente suo, sia perché assomiglia a immagini sue, sia perché, pur non assomigliando a nessuna delle immagini delle sue opere, ha qualcosa che le ricorda molto da vicino, e sembra che potrebbe identificarsi con il suo sguardo. Sempre, vedere una certa cosa, e poi la sua immagine fotografica, provoca in me il verificarsi di un piccolo miracolo, perché ho la netta sensazione che lui la stia guardando mentre la sto guardando io, nel momento stesso in cui accade oppure dopo, guardando l’immagine sullo schermo del mio computer, o stampata.
La sua attenzione, così come la mia, era soprattutto rivolta verso tutto ciò che accadeva incidentalmente, senza artificiosità e senza preparativi né preparazione, improvviso e incontrollabile.

(testo probabilmente scritto nel 2016, forse il 1° marzo di quell’anno; modificato oggi, 2 marzo 2023)

L’immagine qui sopra, la numero 1 della serie Things he would like /3, la scattai il 22 aprile 2013, all’epoca della mostra Things he would like /1. Ma il ritrovamento di questo barattolo di vetro contenente vari piccoli oggetti metallici, in buona parte arrugginiti, risale al 2011, poco dopo la scomparsa di Rolf Julius. Lo trovai in un piccolo armadio sotto il lavello della cucina della casa dove ancora abitavo, dovevano essere lì, in un angolo, da molto tempo, e l’umidità del luogo aveva avuto i suoi effetti. Immediatamente, appena lo presi in mano e lo guardai con attenzione, pensai che sarebbe piaciuto a Julius, e fu come se lo vedessi con i suoi occhi. Da lì, in seguito, prese avvio l’idea di raccogliere cose, o piuttosto fotografarle, quasi sempre (quando le vedevo casualmente in giro, e non aveva senso che me le portassi a casa) per creare una collezione di momenti in cui Julius, che scomparve nel mese di gennaio, era come se rivivesse attraverso me.

Questa è l’immagine numero 4 del progetto, la scattai il giorno 8 ottobre del 2015 in casa mia, in via Reggio 27. Avevo messo in questa ciotola delle mele, e dopo averle mangiate erano rimaste soltanto le foglie, che poi ovviamente seccarono.

Questa è l’immagine numero 6, del 16 febbraio 2015, scattata sul terrazzo di blank, in via Reggio 27, in un giorno di pioggia. A Julius la pioggia piaceva molto, così come gli piaceva quel terrazzo, dove allestì un’opera molto bella quando fece la sua terza mostra, Two spaces (walking), nel 2007.

Questa è la numero 8, del 13 ottobre 2016. Ero a casa di un amico, in Val di Susa, nel suo laboratorio, quando notai quella ciotola che doveva contenere qualche sostanza (forse un detersivo) ormai liofilizzata. Lui voleva donarmela, perché me la portassi a casa, ma mi parve avesse più senso fotografarla lì dove stava, e dove l’avevo vista, senza spostarla. Spesso Julius usava ciotole simili per le sue installazioni, riempiendole a metà di pigmenti, ossidi o detersivi liquidi dai colori accesi, che poi seccavano, come era appunto successo a questa sostanza.

Questa è l’immagine numero 11 di Things he would like /3, la scattai il 26 ottobre 2015 per strada, nei dintorni di via Reggio, dove vivo. Ne feci molte altre simili, questa mi pare certamente una delle più interessanti.

Questa è una di tante foto che scattai a Uusikaupunki, in Finlandia, all’inizio di luglio nel 2012, e in questa serie ce ne sono altre due. Ero andato a visitare, su invito di Nina Julius, la loro bellissima casa prima che fosse messa in vendita. Lui adorava quel luogo, ci passava tutte le estati, e talvolta ci andava anche, brevemente, in altre stagioni.

Questa la scattai a Melbourne (non ricordo il nome del quartiere) il giorno di Capodanno del 2016. Ero andato lì con mia figlia e mia nipote, a casa di loro amici che avevano dato una piccola festa, soprattutto dedicata ai bambini, presenti in gran numero. Noi arrivammo piuttosto tardi, nel pomeriggio, avevano già pranzato, evidentemente mangiando moltissime uova sode.

Questa è la numero 31 (la numerazione che diedi alle 32 immagini è molto casuale, senza una regola precisa, anche se la 1 e la 32 sono davvero la prima e l’ultima, in ordine cronologico) e la scattai, come la 8, in Val di Susa, il 16 maggio 2016 nei pressi di una casa in pietra disabitata, all’interno di un bosco. C’era una vasca, sempre in pietra, contro un muro (o forse lì nei pressi, non ricordo più bene) piena d’acqua stagnante, una specie di piccola palude piena di foglie secche e erbe acquatiche. Julius aveva un debole per queste cose, una volta, forse nel 2009, lo accompagnai a vedere un piccolo stagno nella campagna presso Torino, dopo Chieri, gli piacque molto.