Due persone si incontrano

Già da qualche tempo mi sono accorto di un fatto singolare che ha luogo, di quando in quando, proprio qui davanti al mio ufficio, quasi all’angolo di via Reggio con la rotonda. Due uomini si incontrano lì, in un modo che potrebbe quasi apparire clandestino, con una frequenza che non saprei quantificare, ma sempre, direi, fra le 17.30 e le 18. Il più giovane lo conosco di vista da anni, è uno dei due fratelli che gestiscono un bar a poche centinaia di metri da qui, sull’angolo fra lungodora Siena e corso Regina Margherita. Il tempo passa, ormai avrà almeno cinquant’anni, ma non è molto cambiato. Alto, magro, con i capelli rasati (o sarà forse calvo), me lo ricordo sempre serio e taciturno, non dovrebbe essere cambiato. Anche se il suo rapporto con l’altro uomo – decisamente più anziano, piccolo di statura e piuttosto esile – è all’insegna della loquacità, soprattutto da parte sua. Devono avere molte cose da dirsi, chissà quali, e perché, e quali sono i loro rapporti. Io da un po’ mi sono messo in testa che il vecchio sia il padre dell’altro, forse divorziato dalla madre, e forse per molto tempo si erano allontanati ma ora si sono riavvicinati, magari il vecchio vive solo, si sarà fatto vivo lui dopo molto tempo. È sicuramente strano che si incontrino sempre lì, nello stesso punto, il più giovane ha una bici e viene da nord, dopo che si sono salutati raggiungerà il bar per prendere servizio (se non hanno cambiato gli orari, rimane aperto fino a notte fonda). Un’altra cosa che si nota è il fatto che, pur essendo visibilmente legati da un qualche vincolo, forse appunto di stretta parentela, si tengono sempre lontani uno dall’altro, almeno un metro e mezzo, e senza mai toccarsi. Come se una barriera invisibile si frapponesse fra di loro, che pure comunicano con apparente intensità, soprattutto il giovane parla e gesticola, forse raccontando all’altro quello che ha fatto nel periodo di tempo passato dal loro ultimo incontro. Il vecchio lo ascolta con attenzione, ogni tanto interviene, ma l’impressione è che sia sempre la vita del più giovane al centro della loro conversazione, e il vecchio stia in ascolto per poi consigliarlo, a proposito di qualche questione che lo preoccupa. Forse a causa dell’insolita distanza permanente fra i due, tale da suggerire l’esistenza di una barriera invisibile, poco fa mentre li osservavo ho pensato che potrebbe trattarsi di un incontro in un carcere, fra un detenuto e un parente o amico venuto a trovarlo. Sarà forse anche a causa dell’orario, sempre lo stesso, oltreché della distanza pressoché immutabile, e invalicabile, che li divide e li tiene uniti nello stesso tempo. E poi la faccia seria, imperscrutabile, del giovane, e i suoi gesti che fanno pensare a qualcosa di serio a sua volta, anche se magari stanno parlando di cose banali. Però lo fanno in un certo modo, nessuno dei due vuole perdersi un momento dell’incontro, non una parola, neppure uno sguardo, dato che sono sempre concentrati ognuno sull’altro, trascurando tutto ciò che li circonda. Del vecchio non so, lo vedo sempre di tre quarti da dietro, in testa un cappelluccio con visiera, e porta gli occhiali; anche lui gesticola un po’, ma in modo più misurato, e più raramente. Forse dei due è il più giovane a vivere in una sua prigione che soltanto l’altro è in grado di scorgere (e perciò soltanto lui può confortarlo, ed è a lui che si rivolge, sicuro di trovare un saldo sostegno).
Oppure no, in galera ci sta il vecchio, ma ormai non dà più peso alla cosa, mentre l’altro sente acutamente la sua mancanza, ha bisogno di lui, del suo ascolto, del suo conforto, ancorché muto. Così ogni tanto va a trovarlo.

(testo scritto il 12 marzo scorso, rivisto oggi, 25 giugno 2025, a Mondonio – AT)