20/10/00

Nell’ultima fase di un recente trasloco, quando erano rimasti, sparsi in giro, ancora molti oggetti da considerare, valutare, infine prendere o buttare, mi è capitato sotto gli occhi un barattolo di vetro, di quelli che possono contenere (e in effetti conteneva, un tempo) un chilogrammo di miele. Non mi era nuovo, l’avevo già visto qualche volta negli anni scorsi, ma senza mai aprirlo, senza neppure prenderlo in mano, forse. Intravedevo al suo interno dei foglietti, tutti piuttosto lunghi e stretti (diciamo un palmo di lunghezza per massimo 7-8 cm di altezza) su ognuno dei quali era stato scritto qualcosa, a mano; perché un tempo si scriveva – io almeno scrivevo – ancora quasi sempre a mano, oppure, molto raramente, usando una macchina per scrivere.
Credo che mi fossi convinto trattarsi di testi di un certo tipo, appartenenti a un certo periodo della mia vita, cose che, se non ho dimenticato, certamente ho superato. Proprio in quell’epoca avevo deciso di uscire da una certa situazione, diventata ormai invivibile per me, per la quale avevo perso interesse, reputandola qualcosa di irrimediabilmente concluso, una volta per sempre.
Ma mi sbagliavo, in parte, nel senso che, leggendo quella che dovrebbe essere una data, scritta su un pezzo di nastro adesivo appiccicato al coperchio del barattolo, in quel periodo io stavo effettivamente allontanandomi da una certa situazione, cambiando, ancora una volta, la mia vita [ciò che mi sta accadendo di nuovo ora, sia pure in un altro modo]. Però i testi non sono, come credevo, miei, non ne sono l’autore, ciò che ho finalmente appurato l’altro giorno, leggendoli dopo averli tolti dal barattolo dove erano rinchiusi da poco meno di venticinque anni.
Quasi ogni testo (in effetti, un estratto da un libro) porta in calce la firma del suo autore, indicato però – chissà perché – soltanto dalle sue iniziali. M.A., B.P., Y. K., N., eccetera, ovvero, come ho presto capito, Marco Aurelio, Blaise Pascal, Yasunari Kawabata, Novalis…
Come talvolta capita, soprattutto in una situazione molto particolare come è quella di un trasloco, certe apparizioni non sembrano avere molto di casuale e leggendo i testi era come se essi (non tutti ma la maggior parte) si riferissero, sia pure obliquamente, a quello che proprio ora sto vivendo. Anche se in verità, mentre li trascrivevo, nel mese di ottobre dell’anno 2000, dovevo avere in mente ciò che allora stavo vivendo, e quindi il fatto di sceglierli era molto probabilmente motivato e condizionato da quello.

Di seguito, alcune delle citazioni trascritte sui foglietti contenuti nel barattolo di vetro:

L’uomo non sa quale grado attribuirsi. È evidentemente smarrito, e caduto da dal suo vero luogo senza poterlo ritrovare; e lo cerca in ogni dove con inquietudine e senza esito fra tenebre impenetrabili.

Nonostante la vista di tutte le nostre miserie, che ci premono, che ci stringono alla gola, abbiamo un istinto, che non possiamo reprimere, che ci eleva.
(B. P.)

Considera [sovente] la rapidità con la quale passano e dileguano tutte le cose che esistono e che nascono. La materia è simile al fluire continuo d’un fiume; le forze naturali subiscono trasformazioni ininterrotte, le cause mutamenti innumerevoli, quasi niente è stabile. E questa a te così vicina immensità infinita del passato e dell’avvenire è una voragine nella quale ogni cosa dilegua.
(M. A.)

Il non essere contraddetto non è un segno sicuro della verità: molte cose certe son contraddette, molte cose false vengono accolte senza contrasto. Né la contraddizione è segno di errore, né la sua mancanza segno di verità.
(? forse Blaise Pascal)

Lo spirito si manifesta sempre soltanto in una forma sconosciuta, aerea.

Noi non ci comprenderemo mai completamente, ma potremo fare ben più che comprenderci.
(N.)

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