Doppia corsia

Dopo la corsa notturna che precede la fuga della ragazza con GTO, il pilota dice al meccanico che l’auto è andata abbastanza bene, anche se le ruote avevano pattinato un po’ durante l’accelerazione. Glielo dice così, senza enfasi, fa parte della routine del loro rapporto: dopo ogni corsa il pilota indica al meccanico quali sono i pregi e soprattutto i difetti riscontrati, così che quello possa intervenire prima della corsa successiva. Poi viene l’ultima corsa del film, forse l’ultima in assoluto, come potrebbe farci capire l’autocombustione in presa diretta, davanti ai nostri occhi, della pellicola. E si potrebbe ripensare a quelle ruote che pattinavano “un po’ (troppo)”, all’auto che sbanda, perde l’attrito sulla pista e salta via.
L’ultima parte è la più intensa del film, quasi come se tutto quello che l’ha preceduta avesse il compito di prepararla, ovvero prepararci a vederla.
Siamo all’interno della Chevrolet ’55, molto vicini al pilota, ci sentiamo come fantasmi che stanno lì accanto a lui senza che possa vederci o udirci, del tutto inavvertiti. Il silenzio è assoluto, il pilota guarda chissà dove, non soltanto davanti a lui, in attesa del segnale di partenza. C’è un momento, molto breve, in cui guardiamo fuori con gli occhi del pilota, verso sinistra, un paesaggio appena un po’ mosso, prati e boschi un capannone col tetto di lamiere ondulate, qualche persona e cose molto lontano, indistinguibili, e poi colline sullo sfondo, ancor più lontano. Uno sguardo assolutamente oggettivo, senza scopo, vuoto, utile forse soltanto a distrarsi dal momento così intenso, teso. Il silenzio continua, intatto, finché il pilota – la partenza è ormai imminente – chiude con un movimento improvviso, rapido e sicuro (lo avrà fatto centinaia di volte) il finestrino alla sua sinistra, quello attraverso il quale stava guardando qualche attimo prima. Un breve clang! [onomatopeico], secco, metallico, riverberante in modo quasi impercettibile per una frazione di secondo, nel vuoto e nel silenzio all’interno dell’abitacolo. Quel suono separa definitivamente il pilota dal mondo esterno, è come se si fosse chiuso il coperchio di una bara, l’effetto su di noi che stiamo guardando, e che lo udiamo, è raggelante, spaventevole. Poi ecco il segnale, l’auto parte, sempre nel silenzio assoluto, e ci accorgiamo che lo scorrere delle immagini è leggermente rallentato, anche se ora l’auto sta raggiungendo la velocità massima. Poi l’immagine si sgrana, cominciamo a udire qualche debole rumore dei motori che si stanno scatenando, e improvvisamente la pellicola comincia a bruciare, ci mette pochissimo a scomparire, non vedremo più il pilota, la sua auto (dove ancora ci troviamo, dietro di lui) e intanto il volume del suono sale sempre di più, raggiunge il massimo dopo la scomparsa dell’immagine, persiste ancora per un paio di secondi dietro lo schermo nero, prima di interrompersi bruscamente, alla fine del film, e di tutto.