hallucination city

Domenica scorsa stavo tornando da un giro in montagna, avevo appena superato l’ultimo centro abitato prima della superstrada e mi sono fermato per fare il pieno di carburante, ma anche questo servizio – come quello di stamattina – non funzionava, un problema di collegamento impediva i pagamenti online. Stizzito, sono ripartito verso Torino e dopo pochi minuti ho deciso di mettere nel lettore cd un disco che si apre con un movimento, non so quale, ma non il primo (sono quattro) di Hallucination City, la Sinfonia nr.3 di Glenn Branca, che non ascoltavo da anni. Ho decisamente alzato il volume – Branca si deve ascoltare così – ritrovandomi immediatamente in uno dei suoi tipici maelstrom sonori, che ti assaltano per sopraffarti, e la tua reazione viene soltanto dopo qualche attimo di sospensione. Era esaltante, da tanto tempo non ascoltavo questi suoni, improvvisamente tutto è cambiato intorno a me, non facevo più caso allo squallore, alle infinite brutture, non ero più lì. Andavo anche piuttosto velocemente, più del solito, non c’era molto traffico, soprattutto arrivando a Torino, così ho bruciato qualche semaforo proseguendo nella mia folle corsa, come precipitando nel maelstrom. Non mi ricordavo quanto durasse il pezzo, ma speravo di non arrivare a casa prima che fosse finito. Ma allora perché correvo tanto velocemente? Arrivo infine nei pressi di casa mia, c’è una rotonda, la percorro per metà, poi svolto a destra, subito dopo un’altra piccola rotonda, che oltrepasso, quindi svolto a sinistra (piuttosto incautamente, c’era un’auto che arrivava da destra, molto lentamente, non mi sono fermato per dare la dovuta precedenza), e poi ancora a sinistra, dopo una trentina di metri. Sono così arrivato davanti al portone, c’era un solo parcheggio libero, proprio lì, l’ho occupato, e in quel preciso momento, dopo 19’04”, la musica è finita1.

1: la stessa cosa mi era successa circa quattro anni fa, ma quella volta partivo da casa, subito accendendo il lettore con il disco di Rhys Chatham (v. Domenica delle Palme, in “Vita in città”). Quella volta forse sapevo quanto, più o meno, durava il pezzo, mi aspettavo che potesse succedere, stavolta proprio no.