Vedere un film è come fare una passeggiata

Come a tanti, anche a me piace passeggiare, lungo percorsi nuovi ma anche ritornando su quelli noti, che però possono apparire ogni volta nuovi, perché ogni giorno è diverso dagli altri, oppure accade di passare in un luogo in orari diversi. E poi ci sono le stagioni, e fra una e l’altra, soprattutto qui in Italia, particolarmente al nord, le differenze sono tali da imprimersi anche nell’immagine dei luoghi, che cambiano quindi spesso anche molto. Mi è anche sempre piaciuto molto vedere film, vado al cinema da quando avevo forse 4 o 5 anni, e poco dopo in casa nostra arrivò un televisore, quindi la possibilità di vederne aumentarono di molto, anche stando in casa, davanti a un piccolo schermo in bianco e nero (che poi era piuttosto un tono fra il grigio e l’azzurrino). Poi vennero i cosiddetti dvd (dopo i vhs, che praticamente ignorai) e negli ultimi anni, mentre vado sempre più raramente al cinema, la maggior parte delle mie sere, a parte l’estate, rimango a casa a vedere un dvd, e capita spesso che li riveda.
Trovo che fra il camminare e il guardare un film ci siano molte analogie, e si potrebbe perfino dire che guardare un film di un’ora e mezza, più o meno, sia come fare una passeggiata stando seduti. Così come una passeggiata è sempre un’occasione di vedere qualcosa di nuovo (luoghi o persone) o di rivederlo, notando ogni volta qualche differenza anche lieve, la visione di un film, quando è nuovo, ci permette di stabilire un contatto con luoghi e persone mai prima visti, e quando lo rivediamo, magari a distanza di qualche anno, c’è sempre qualcosa che si nota per la prima volta, anche se è sempre stato lì, in quella posizione della pellicola, dopo quel certo numero di minuti e secondi dall’inizio. Però ogni volta si ha l’impressione di vederlo veramente per la prima volta, come se non ci fosse mai stato prima. Può essere un luogo, un oggetto, una persona, qualcosa che un personaggio fa o dice: lo scopriamo in quel momento, come se proprio in quel momento ci fosse apparso per la prima volta.
Si potrebbe dire che qualcosa di simile accade anche in letteratura, nella musica, o nell’arte visiva, ed è vero, in parte. Ma il cinema è certamente il medium artistico più vicino alla realtà, con la quale arriva a confondersi (accade, o accadeva, soprattutto nel buio della sala cinematografica), perché si vede e si ascolta, e gli unici sensi a non funzionare sono il tatto, l’olfatto e il gusto – che peraltro anche passeggiando non sono, generalmente, molto utilizzati (a parte l’olfatto, e raramente anche il tatto).
Insomma, vedere un film ci permette di vivere un’esperienza analoga a quella che si vive facendo una passeggiata, con le stesse proprietà: la possibilità, cioè, di vedere qualcosa che ci sorprende, che non ci aspettavamo di vedere quando abbiamo deciso di uscire di casa. Qualcosa che, peraltro, già ci apparteneva, che conoscevamo, anche se poi ce ne siamo dimenticati; ma la ritroviamo, questa cosa, in un’altra posizione, dove non avremmo mai immaginato di trovarla, ed è questo che soprattutto ci sorprende, facendoci spesso trasalire.
Cose che notiamo – in un film come in una passeggiata o in libro – e che non sempre, non necessariamente sono state messe lì dall’autore. Che a volte, effettivamente, nasconde accuratamente certi elementi, sia visivi sia, spesso, nel linguaggio, o negli stessi nomi dei personaggi. È un’attitudine ludica, l’autore ci sfida a trovarli, e quando capita in pratica siamo stati al suo gioco, tutto sommato passivamente. Ma altre volte ciò che notiamo era sfuggito allo stesso autore, e in questo caso diventiamo a nostra volta creatori, sfruttando con una modalità parassitaria la materia che lui aveva pazientemente messo insieme. Mi vengono ora in mente certi passi da libri di McCarthy, che avevo anche trascritto, ma ce ne sono certamente tanti altri, e ci sarebbe ampia materia per lavorarci estesamente e in profondità.
Un film, un racconto letterario, un’opera musicale o di arte visiva: ognuna di queste cose può essere un luogo, all’interno del quale ci aggiriamo, una prima volta e poi ancora, trovando o ritrovando ogni volta qualcosa o qualcuno. Anzi direi proprio che esse devono essere altrettanti luoghi, e a quelli meglio caratterizzati, che hanno una forma precisa e ben strutturata, ci si lega, anche strettamente. Davvero, ci si va, e ci si torna, ogni tanto.

(scrissi questo testo nel febbraio 2019, e me ne ero dimenticato; poco fa l’ho casualmente ritrovato, e lievemente ritoccato in alcuni punti)