cosa succede quando si scrive un nuovo testo

Quando scrivo, dopo un’esperienza vissuta, è come se formassi inizialmente una griglia, una specie di trappola che ha il potere di trattenere – e far emergere – livelli nascosti, impensati, che approfittano dei varchi creatisi per materializzarsi. Sono cose che non avevo previsto – anzi, le ignoravo proprio –, che spuntano fuori, infilandosi fra le maglie della rete, e devo soltanto assecondarle, facilitarne l’emersione, come una levatrice col nascituro. Si deve pazientare, e soprattutto non dare mai il pezzo per finito, perché non può essere tale, forse mai. Sopravviene sempre qualcosa di inaspettato a cambiare le carte in tavola, portando spesso il pezzo verso direzioni inopinate.
Determinante è la costruzione di quella griglia, che deve essere solida ma anche piena di falle, fra le quali si insinueranno certi visitatori non invitati, ma bene accetti. E certi varchi nella rete è bene che rimangano sempre liberi, vuoti, anche se ciò che li attraversa non è visibile. Però c’è, si percepisce assai vagamente ma c’è.
Queste cose, questi visitatori non invitati, erano bensì già presenti, ovvero immanenti, nell’esperienza. Oppure no. Su questo aspetto preferisco non pronunciarmi, non ancora. Non posso escludere l’eventualità che essi vengano dopo, quando la griglia iniziale è stata fabbricata. Da essa sono bensì attratti, trattandosi giustappunto di una trappola, qualcosa che sta fermo, in attesa della preda. Come la ragnatela costruita dal ragno, la stessa cosa: ferma e solida.
Naturalmente, questo processo ha avuto luogo anche ora, in questa particolare occasione. E non è detto che sia finito.
Insomma, essi pertengono bensì soprattutto al momento in cui sto scrivendo, da lì scaturiscono.