Ci sono pensieri che ricorrono in noi, ogni tanto ci passano in testa, rimanendoci più o meno a lungo. Ma non riescono mai a prendere veramente forma, sono inafferrabili, e assai facilmente svaniscono, pur continuando ad aleggiare, non visti, da qualche parte dentro di noi. Hanno bisogno di trovare le condizioni adatte, deve venire il momento giusto, ovvero noi dobbiamo arrivare a un punto dal quale poterli finalmente mettere bene a fuoco, trattenendoli fino a farli diventare consistenti in noi. E prima o poi potrebbero venire alla luce, divenire tangibili anche per gli altri, cose, che occupano un posto, molti posti diversi, insomma in grado di esistere, e di quando in quando vivere.
Ora per noi è il tempo di vivere nascosti, di sgusciare, di stare appartati anche da certuni per i quali pure si provava affetto, stima, rispetto. Ora è tutto sospeso, indefinitamente, ma non deve essere un tempo perduto, bensì uno in cui ci si prepara a un cambiamento che dovrà per forza venire, come questo vento oggi, che fa cadere nuvole di foglie dai platani, e spazza le strade e l’aria.
Questo tempo, questo modo di viverlo, soprattutto, attiene all’invisibile, a ciò che sta nascosto, non dichiarato e non comunicabile, essendo inscritto nei corpi.
(scritto nel pomeriggio del 31 gennaio scorso – quindicesima notizia dall’esilio)