Uccelli fra i rami

Qui davanti alla finestra del mio ufficio-studio c’è una pianta piuttosto alta. Non so bene di quale specie sia, la piantarono più di quindici anni fa, direi, ed è molto cresciuta da allora. Ora, data la stagione, non ha più molte foglie sui rami, e quelle rimaste sono tutte secche. Il suo massimo pregio consiste nella quantità di uccelli, di varie specie, che si vedono sempre fra i rami, i più piccoli – cince, codirossi, passeri – saltellano continuamente di ramo in ramo, è la loro natura, non stanno mai fermi, mentre i merli stanno spesso immobili, come assorti, o forse guardinghi. Ci sono poi spesso delle gazze, ben più grosse, che un po’ stanno ferme e un po’ si muovono da un ramo all’altro, ma in modo molto diverso dagli altri piccoli uccelli, più lentamente e più di rado. Inoltre emettono spesso il loro caratteristico verso, che ha qualcosa di ipnotico ed è forse uno dei miei preferiti fra quelli di tutti gli uccelli. Ogni tanto alzo lo sguardo dal mac a cui sto lavorando e l’albero è lì, immobile per lo più (a meno che non ci sia vento) ma scosso ogni tanto dai movimenti dei suoi temporanei abitanti – che sono poi soltanto dei visitatori, nessun nido fra i rami.
Circa due, tre ora fa, mi trovavo già qui, ero molto, molto triste, avevo appena appreso una notizia che mi aveva sconvolto: un caro amico è morto stamattina, prima dell’alba, per la precisione alle quattro e mezza, l’ora preferita per morire o per nascere, a quanto pare. Ma anche l’ora in cui il condannato a morte di Bresson decide di tentare la fuga dal carcere, in questo caso per sfuggire a una sicura morte. Subito arrivando ho notato un movimento fra i rami, segno inequivocabile della presenza di qualche uccello. Si trattava di un merlo, l’ho intravisto per un attimo, e non ho potuto fare a meno di collegare la sua apparizione a quella notizia, come se vedessi in lui, o lei, il mio amico appena scomparso, venuto un’ultima volta a salutarmi. Si è trattenuto davvero per pochi secondi, prima di sparire per sempre.
Pensavo poco fa che questo albero così rigoglioso, ricco com’è di rami e rametti intricatissimi, dev’essere davvero un mondo per gli uccelli che lo visitano di quando in quando. Lì dentro devono sentirsi protetti, sia dalle intemperie (ora è inverno, fa freddo) sia da eventuali pericoli, come predatori di varia specie, ad esempio, ovvero altri uccelli, oppure gatti, o uomini. È un mondo per noi, per me, inaccessibile, anche se osservandoli quando stanno lì dentro, saltando di ramo in ramo, qualcosa della loro serenità, o della loro eccitazione gioiosa, riesce ad arrivarmi, dandomi un temporaneo senso di benessere.

(scritto ieri, 18 dicembre, poco prima delle ore 17)

IL VENTO DEL SOLSTIZIO INVERNALE

La pianta qui davanti alla mia finestra stamattina è quasi del tutto spoglia: il vento, che deve aver preso a soffiare durante la notte, ha portato via le ultime foglie, quelle che c’erano ancora lunedì. Sembra che siano passati molti più di questi quattro giorni circa. Ora gli uccelli, dai più piccoli ai più grandi, che prima si nascondevano fra i rami, non si vedono più, nemmeno uno. Ma neppure altrove, non soltanto sull’albero. Come se stessero aspettando di capire cosa fare, perplessi.

(21 dicembre, poco prima delle 9)