Come mai dipendiamo tanto dall’arte

Avendo perso il contatto con la natura tendiamo naturalmente a sviluppare le capacità intellettuali. Leggiamo una grande quantità di libri, andiamo a visitare molti musei e ad ascoltare concerti, guardiamo la televisione e ci prendiamo una grande quantità di altri svaghi. Citiamo senza fine idee di altre persone e pensiamo e parliamo di arte. Come mai dipendiamo tanto dall’arte? È una forma di fuga, di stimolo? Se siete direttamente in contatto con la natura; se guardate il movimento delle ali di un uccello, se vedete la bellezza del cielo in ogni momento, le ombre sulla collina o la bellezza sul viso di un altro, pensate che vorreste andare in un museo a vedere dei quadri? Forse è perché non sapete come guardare tute le cose che vi circondano che ricorrete a alle droghe che vi stimolino a vedere meglio.

C’è la storia di un maestro di religione che parlava ogni mattina ai suoi allievi. Un giorno salì sulla cattedra, e stava appunto per cominciare quando arrivò un uccellino che si fermò sul davanzale della finestra e cominciò a cantare, e cantò con tutto il cuore. Poi si interruppe e volò via e il maestro disse: “Per oggi il sermone è finito”.

J. Krishnamurti, Libertà dal conosciuto, Roma, 1973 (trad. di Anna Guaita)

[letto nel mese di agosto 1999, ritrovato casualmente oggi sfogliando il libro dopo averlo tirato fuori dallo scaffale dove si trovava]