Il gruppo camminava sulla stradina di montagna, inizialmente compatto, poi sempre più scollato, dividendosi a un certo punto in due piccoli gruppi. Questo accadeva quando due delle quattro persone si fermavano, forse per stanchezza, o forse per un calo di motivazione a procedere verso la meta che era stata fissata: una cascata, distante, secondo un cartello, 30′ di cammino dal bivio incontrato scendendo verso il fondovalle. Le altre due decidevano invece di andare avanti, confortate anche dalla risposta di un uomo appena uscito da una casa in pietra nei pressi della stradina, secondo il quale mancavano soltanto «cinque minuti… cinque minuti e ci siete arrivati». Ed era vero, dopo quei pochi minuti i due – un uomo anziano e una donna ancor giovane – giunsero al luogo cercato e desiderato. C’erano bensì diverse cascate, tutte di modeste dimensioni – meno una, al margine della stradina, dove l’acqua faceva un salto di circa 4-5 metri – e il rio che le formava entrava e usciva serpeggiando da una bassa boscaglia, piuttosto fitta, che comprendeva anche qualche cespuglio di lamponi. Prima di quel salto, una specie di vasca irregolare abbastanza ampia, inframmezzata da rocce affioranti e poco profonda, dove l’acqua si allargava, quasi sostandovi prima di scivolare via per sempre verso valle.
La donna chiamò allora gli altri due – un uomo della sua stessa età e una ragazzina – per convincerli a fare ancora un piccolo sforzo. Ne valeva la pena – così gli disse – perché il luogo era davvero piacevole e si potevano anche immergere i piedi affaticati dalla camminata sotto il sole ancora alto di questa strana tarda estate, insolitamente molto calda.
Dopo qualche minuto erano tutti riuniti in quel luogo, tutti visibilmente contenti di trovarsi lì, dove oltre a loro non c’era nessuno (arriveranno poi altre persone, peraltro molto discrete e appartate) e gli unici rumori erano il lieve mormorio dell’acqua del rio e, ogni tanto, lo stormire delle piante intorno, mosse da un leggero e fresco venticello. Tutti e quattro, dopo essersi tolti scarpe e calze, erano entrati con i piedi nell’acqua, che era fredda e piacevolmente stimolante, donando ristoro e freschezza. Non erano troppo vicini fra loro – lo spazio era abbastanza vasto, e ognuno se ne era scelto una parte, spostandosi fra i massi affioranti e l’acqua – e non si toccavano quindi, ma mantenevano uno stretto contatto parlandosi, soprattutto per esprimere ad alta voce ognuno il proprio apprezzamento per la situazione: il fresco corroborante ai piedi, la piacevolezza anche visiva del luogo, la pace che vi dominava e che si trasmetteva a tutti loro. Ma c’erano anche momenti, abbastanza lunghi, di silenzio, durante i quali, bensì, essi erano comunque uniti per il fatto di avere tutti i piedi nudi immersi nella stessa acqua, fresca e limpida come raramente, se non in montagna, capita di vedere. In quei momenti, mentre rimanevano silenziosi, non è dato sapere quali fossero i pensieri di ognuno, quasi certamente molto diversi fra loro, e in qualche modo divergenti. Ma una misteriosa forza, dolce e potente, quella dell’acqua in cui tenevano immersi i piedi nudi, li teneva insieme, e se pure tutto durò soltanto pochi minuti, o forse perfino pochi secondi, in quel breve tempo la loro unione fu perfetta, e forse irripetibile.