Il cinema (o meglio la tecnica audiovisiva) è sostanzialmente un infinito piano-sequenza, come è appunto la realtà ai nostri occhi e alle nostre orecchie […] e questo piano-sequenza, poi, non è altro che la riproduzione […] del presente. Ma dal momento in cui interviene il montaggio, cioè quando si passa dal cinema al film […] succede che il presente diventa passato […]. Allora qui devo dire che cosa penso io della morte [ovvero che] è necessario assolutamente morire, perché, finché siamo vivi, manchiamo di senso e il linguaggio della nostra vita […] è intraducibile: un caos di possibilità, una ricerca di relazioni e di significati senza soluzione di continuità. La morte compie un fulmineo montaggio della nostra vita: ossia sceglie i suoi momenti veramente significativi […] e li mette in successione, facendo del nostro presente, infinito, instabile e incerto, e dunque linguisticamente non descrivibile, un passato chiaro, stabile, certo, e dunque linguisticamente ben descrivibile […]. Il montaggio opera dunque sul materiale del film (che è costituito da frammenti, lunghissimi o infinitesimali, di tanti piani-sequenza come possibili soggettive infinite) quello che la morte opera sulla vita.
P. P. Pasolini, da Osservazioni sul piano-sequenza, 1967 in ID., Empirismo eretico, Milano, Garzanti, 1991