Edge of Doom, del 1951, è un film davvero sgradevole, ancora capace, dopo 72 anni, di suscitare disgusto in chi lo vede. Una storia di preti, il primo – veramente un prototipo del peggior modo di fare il suo mestiere – si disinteressa dei problemi del prossimo, è spassionato, vile; insomma, quando il povero Farley Granger gli molla un colpo di crocifisso (in bronzo, bensì) sulla nuca è difficile reprimere un moto di soddisfazione: se l’era davvero cercato, e meritato. L’altro prete, il generalmente ottimo Dana Andrews, potrebbe essere pure peggio, pur apparendo assai migliore: ambiguo, indisponente con la sua flemma, la sua parlata lenta e melliflua e il sorrisetto falso, anche quando compie qualche azione positiva e perfino coraggiosa. Ma alla fine frega il ragazzo, spiando non visto la sua confessione presso la salma della madre morta la notte prima, coprendo anche la presenza, alle sue spalle (ma erano sicuramente venuti insieme) del laido tenente di polizia. Costui assurge a vette di sporcizia morale, arroganza, falsità davvero inarrivabili, sempre con un’espressione bieca che si può guardare a malapena, tanto mette a disagio. Non meno orrendi i due poliziotti che seguono Granger nel ristorantino dove è entrato per mangiare. Insospettiti dai suoi modi, lo prendono in mezzo senza alcun rispetto dei suoi diritti, spietatamente, trascinandolo anche via prima che possa toccare il cibo appena portatogli dal cuoco, e obbligandolo comunque a pagare: una scena da vomito.
Un film americano nell’accezione peggiore della parola, moralista, manicheo, che ci impone di soprassedere di fronte ai comportamenti oggettivamente inaccettabili dei poliziotti, tutti sbirri nell’accezione peggiore della parola (che ha comunque sempre qualcosa di negativo). Tutti si accaniscono nei confronti del poveretto, nessuno lo aiuta, anzi, il vecchio untuoso e ipocrita del negozio di fiori dove lavora reagisce con squallida aridità alle richieste del ragazzo, limitandosi anche a frettolose e insincere condoglianze per la morte della madre, avvenuta da poche ore (stesso comportamento del prete ucciso) e infine licenziandolo in tronco, tanto in America si è sempre fatto così, e nessuno può opporsi. Il prete impersonato da Andrews, poi, sembra aver preso come un puntiglio di dover dissuadere la nipote dell’altro prete dall’intenzione – anzi, c’era già una data fissata in comune per la cerimonia – di sposare un uomo divorziato (Dana, per cortesia, ma perché non ti fai gli affaracci tuoi?). Il bello è che, assurdamente, la ragazza sembra prestargli ascolto, rimanendo nella parrocchia a fare cosa non si sa, ma evidentemente si vuol far vedere allo stupido spettatore medio americano che è pentita e vuole riportarsi sulla retta via.
Ma è tutto all’insegna del moralismo più abbietto, con l’intento di creare un quadretto edificante in cui i cattivi, come sempre, pagano e tutto procede come sempre, nella solita disastrosa ingiustizia. Anzi, forse l’unica figura un pelo simpatica (a parte la fidanzatina, che pure appare poco incisiva e non sembra poter costituire un solido appoggio allo sventurato) è quella del vero cattivone, impersonato da Paul Douglas, che prima mostra empatia per il dolore di Granger e poi gli sta vicino anche dopo, nel corso di quel grottesco riconoscimento dell’assassino da parte di una testimone (una beghina petulante e mezza orba che addirittura dichiara di riconoscere Douglas, diversissimo da Granger).
Davvero un brutto, bruttissimo film, moralmente disgustoso, anche se la regia, va detto, non è malvagia, anzi. Ciò che in fondo aumenta ancora di più il disappunto in chi ha avuto il fegato di guardare questa robaccia dall’inizio alla fine.
Curiosamente, soltanto due sere prima avevo visto L’Age d’Or di Bunuel, del 1930, un film agli antipodi, in quanto a intenzioni in ambito morale, alquanto datato (mi sono un po’ annoiato guardandolo) ma utilissimo per farci capire che c’erano tanti validissimi motivi per sputare su certi presunti ‘valori’, ancora vent’anni dopo. Nel film di Bunuel il perfido protagonista, oltre a schiacciare con la suola della scarpa uno scarabeo di passaggio, sbatte in terra a calci uno strano cieco che passava di lì e infine molla un potente ceffone alla patronessa (altra figura esemplare della rispettabilità borghese) del salotto in cui si trovava, che gli aveva inavvertitamente versato addosso una tazzina di caffè. Rifiuto e ribellione: l’esatto contrario del film americano, esemplare del puritanesimo osceno e micidiale che è alla base di quella malsana società.